Mafia, Antimafia e cultura della Legalità

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Mafia, antimafia e cultura della LegalitàSabato 5 marzo 2011, presso l’ITC Colamonico si è parlato di Mafia pugliese, Antimafia e cultura della legalità. Sono intervenuti il Pubblico Ministero della Procura Distrettuale Antimafia Desirée Digeronimo e gli avvocati Michele Laforgia e Angelo Gentile. Tra le tante inchieste sulla mafia locale, essi si sono occupati a vario titolo dei casi di Michele Fazio e Gaetano Marchitelli, due giovani 15enni uccisi per errore dalla criminalità organizzata barese rispettivamente nel 2001 e 2003.
L’iniziativa rientra nel progetto PON C3 Le(ga)li al sud – un progetto per la legalità in ogni scuola ed è organizzato in collaborazione con l’ANM (Associazione Nazionale Magistrati), l’AGL (Associazione Giovani Legalisezione di Bari) e Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie.
Locandina dell’incontro
 

L’avvocato Gentile ha aperto la discussione accennando alla vicenda dell’assassinio di Gaetano Marchitelli e ha invitato l’uditorio ad essere costantemente “presidio di legalità“. La garanzia per la concreta attuazione del presidio, ha continuato, risiede nella capacità di sdegnarsi verso certi avvenimenti, di informarsi e di non voltare mai la testa.

L’avvocato Laforgia nel suo intervento, relativo alla vicenda della morte innocente del minore Michele Fazio , ha messo in evidenza il comportamento della famiglia Fazio (il papà Pinuccio Fazio e sua mogie Lella) tutto teso a rovesciare le logiche omertose tipiche di Bari vecchia. Atteggiamento che è stato considerato “eversivo” per il semplice fatto che, per la prima volta, una famiglia del quartiere vecchio ha consultato un avvocato per chiedere giustizia e si è costituita parte civile in un processo.
Cose impensabili e intollerabili in un quartiere che ha fatto del silenzio verso le forze dell’ordine e delle istituzioni un punto di forza della criminalità e della delinquenza mafiosa. La famiglia Fazio ha reso, perciò, effettiva la legalità attraverso non il semplice rispetto delle regole, ma mediante il rovesciamento delle regole e delle logiche del borgo antico.

Infine è stata la volta del Pm Digeronimo che ha risposto pazientemente ed in maniera esaustiva a numerose domande dei ragazzi. In maniera sintetica il giudice ha affermato che gli arresti dei malavitosi sono necessari ma non sufficienti per combattere la criminalità organizzata.
Ad essi bisogna associare una cultura della legalità che trae spunto soprattutto dalla capacità che ognuno di noi deve avere di indignarsi verso certi comportamenti altrui e di denunciarli. Non ha nascosto, rispondendo ad una domanda specifica, che il fenomeno mafioso ha infiltrazioni anche nel mondo della politica e ciò, a volte, ostacola non poco il lavoro dei magistrati.

Ha poi risposto con un NO secco alla domanda di una ragazza che gli chiedeva se la paura qualche volta influiva sul suo lavoro. Al no secco è però seguita una convincente argomentazione in cui il magistrato non ha negato di avere dei momenti in cui, come tutte le persone, la sensazione di impotenza e di paura la assalgono, ma il sentimento di giustizia per le vittime e il senso del dovere hanno sempre la meglio su qualunque tentennamento.

La giornata è stata, soprattutto per i ragazzi, un’occasione estremamente importante di vicinanza e di confronto con personalità impegnate in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. Un’occasione per toccare con mano come valori quali: il rispetto delle regole, l’impegno diretto e il primato della giustizia devono essere vissuti nella quotidianità come patrimonio di tutti e come presupposto indispensabile di una società civile.

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